Un po’ di storia dei braccianti africani a Rosarno
La piana di Rosarno è importante per i suoi agrumeti: la maggior parte delle imprese agricole locali si occupa della produzione di arance e mandarini. La raccolta di questi frutti occupa tutta la stagione invernale, e di essa si occupano braccianti, spesso africani, che lavorano con brevi contratti o (molto più spesso) a giornata.
La loro paga è misera (circa 25 euro al giorno), e spesso è decurtata dai caporali, che li trasportano nei campi al prezzo di 3.5-4 euro.
Per tutti la storia di Rosarno comincia nel 2010, quando ci fu una rivolta dei braccianti, causata dal ferimento di due ragazzi ivoriani da parte di alcuni rosarnesi. I media riportarono gli eventi senza spiegare la situazione a monte della rivolta e poi tornarono nel consueto silenzio di tomba.
Quella tuttavia fu solo la goccia che fece traboccare il vaso. Infatti all’epoca la maggior parte di loro viveva in fabbriche abbandonate, senza luce,acqua e gas, lontano dai centri abitati, in modo da sfavorire l’integrazione coi rosarnesi. Questa ghettizzazione del lavoratore migrante è diffusa in Italia ed è funzionale alla necessità del sistema di avere una manodopera a basso costo scarsamente integrata nella società.
Dopo la rivolta i lavoratori vennero allontanati da Rosarno, ma la situazione di crisi e il bisogno di lavorare li ha riportati presto nella triste piana.
Le istituzioni hanno quindi fornito la loro soluzione: i problemi, come di consueto in Italia, si affrontano esclusivamente utilizzando procedure d’emergenza. Venne costruita una tendopoli, gestita da un’associazione che è stata poi cacciata dai braccianti stessi per l’evidente disonestà.
Qual è la situazione oggi? La stessa che c’era prima del 2010.
Durante la stagione invernale nella piana ci sono circa 2000 braccianti, quasi tutti africani (Burkina Faso,Mali,Guinea Bissau,Guinea Equatoriale,Senegal).
Più di 1000 abitano nella tendopoli (che ha circa 300 posti), senza acqua calda, luce e gas, nella quale sono sorte, intorno alle tende blu del Ministero, numerose baracche.
Gli altri lavoratori vivono in casolari abbandonati, aziende agricole dismesse o nel cosiddetto campo container.
Ciclofisica a Rosarno
E che c’entra Ciclofisica? Eccoci, eccoci. Ciclofisica c’entra perché i braccianti si muovono quasi tutti in bici, per strade che non hanno niente da invidiare a quelle afgane (dopo l’invasione degli USA), spesso col buio e i loro mezzi sono pressoché distrutti. Ci sono stati negli anni numerosi incidenti e nel 2013 è nato il progetto delle ciclofficine popolari “Luci su Rosarno” (CiclOfficine Popolari), il cui obiettivo, col pretesto delle biciclette, è quello di puntare i riflettori sulle condizioni lavorative, abitative e di vita in generale dei braccianti agricoli.
La bicicletta diventa un mezzo per superare l’iniziale diffidenza dei migranti, conoscerli, capire i loro problemi e lavorare insieme per risolverli (e tra poco vi spiegheremo come).
Quest’anno la Rete ha ripetuto il progetto e Ciclofisica ha partecipato mandando due meccanici a fine gennaio.
Il primo giorno,accolti dai ragazzi e dalle ragazze della “Rete Campagne in Lotta“(Campagne in Lotta), abbiamo fatto un primo giro per i casolari abbandonati dove abitano piccoli gruppi (5-6) di braccianti. Sono piccoli casolari quasi diroccati in mezzo a campi fangosi (pioveva a dirotto) in cui manca luce, acqua e gas.
I migranti si scaldano con candele o piccoli fuochi che affumicano le stanze. Le loro condizioni di vita sono pessime e il morale è basso perchè il lavoro, anche a giornata, è scarso, e trovare un contratto, condizione necessaria per rinnovare il permesso, è considerato un miracoloso colpo di fortuna.
Le ragazze di Campagne in Lotta, insieme a due migranti senegalesi, informano i migranti sui loro diritti, sulle leggi in vigore sull’immigrazione e sul lavoro (tra le più razziste d’Europa), e su come accedere ai servizi. Inoltre cercano di metterli in contatto tra loro, sia per cercare di creare una coscienza sulla loro condizione che per ragioni pratiche di utilità.
In tutti e due i casolari visitati tutti i presenti utilizzano la bici, e abbiamo notato anche per strada molti migranti comparire dal buio per un istante prima di riscomparirvi.
Eravamo partiti con del materiale catarifrangente, e buona parte di esso l’abbiamo distribuita proprio il primo giorno.
La mattina del secondo giorno abbiamo fatto la conoscenza del vecchio ciclista comunista di Rosarno, il signor Peppe Sergi, che è stato molto disponibile e gentile nonostante la scarsità di risorse a sua disposizione.
Dopo siamo andati alla tendopoli di San Ferdinando, a pochi km da Rosarno, dove abita la maggior parte dei braccianti,alcuni nelle tende altri in baracche di fortuna. Abbiamo aiutato le ragazze insieme ad alcuni abitanti della tendopoli (molti non lavoravano a causa della pioggia) a costruire una baracca per fare un corso d’italiano,per dare informazioni e in generale per mantenere un presidio fisso della Rete in tendopoli.
Nella tendopoli,anche se la vita forse è meno dura rispetto ai casolari,i pochi servizi sono forniti a pagamento con mezzi di fortuna dagli abitanti stessi. Tra l’altro abbiamo potuto gustare una splendida pecora cotta sulla lamiera!
Nella tendopoli ci sono ben due “ciclofficine” attive, cioè delle baracche in cui alcuni migranti effettuano riparazioni con mezzi di fortuna. Per questo in tendopoli non abbiamo riparato biciclette per non entrare in conflitto con loro.
Dopo siamo tornati nei due casolari visitati il giorno precedente per fare alcune riparazioni e manutenzione. Vista la condizione delle bici, ci siamo resi subito conto che il materiale e i pezzi di ricambio che avevamo erano decisamente insufficienti.
Più tardi siamo stati in un altro casolare dove abitano parecchi braccianti e dove c’erano molte bici da riparare. Erano meglio organizzati della media, ma abitano piu lontano da Rosarno e avevano tutti bici in condizioni pietose, ad esempio: niente freni o pattini consumati fino al metallo,camere d’aria vetuste che si sgretolavano tra le mani e meccaniche disastrate (coni,movimento centrale,serie sterzo). Abbiamo fatto quello che abbiamo potuto, ma saremmo potuti rimanere per giorni a riparare le biciclette con loro. Un altro problema, del quale non avevamo tenuto conto, è il fatto che si lavora quasi sempre al buio (e nel nostro caso fortunato anche sotto al diluvio!), e quindi anche le riparazioni più semplici diventano lavori di fino.
Inoltre abbiamo trovato quasi tutti i braccianti incontrati sforniti di luci e fratini catarifrangenti (la situazione è migliorata con le successive discese di altre ciclofficine popolari).
L’ultimo giorno siamo tornati alla tendopoli e abbiamo finito di costruire la baracca.
Nel pomeriggio siamo stati in una vecchia masseria a qualche km da Rosarno, dove abitano circa 200 africani. Erano un po’ piu organizzati degli abitanti dei casolari isolati (ad esempio avevano generatori) e sono stati molto ricettivi sia per ricevere le informazioni dalle ragazze di Campagne in Lotta (soprattutto per problemi riguardanti il permesso di soggiorno), sia per la riparazione delle loro bici e avevano molto bisogno di materiale.
Sotto la solita pioggia battente e un pochino meno buio del giorno prima abbiamo effettuato alcune riparazioni e distribuito il poco materiale rimasto.
Qui saremmo potuti rimanere settimane a riparare bici!
E ora? Ora il progetto non si ferma, perché la piana di Rosarno non è l’unico luogo in Italia in cui i braccianti vengono sfruttati. In estate molti di loro si sposteranno a Foggia per raccogliere i pomodori, e le ciclofficine continueranno a seguirli e a lavorare insieme alla Rete Campagne in Lotta, come è già successo l’estate scorsa, con la discesa a Foggia della Ciclofficina La Gabbia e di altre ciclofficine italiane.